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6 Febbraio 2021
«Una rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene ascoltato»
Martin Luther King
Proprio da questo suo pensiero dovremmo partire per riflettere sul concetto di dolore e di malattia.
Dovremmo partire dal presupposto che il nostro corpo ci parla; esso ci manda continuamente messaggi sul nostro stato di salute fisica e sul nostro equilibrio psico-emotivo.
Il vero problema è che, ad oggi, non siamo più in grado di leggere quei segnali, come se i nostri corpi ci parlassero adottando linguaggi e codici a noi profondamente lontani, quasi ormai sconosciuti; questa falla dovrebbe portarci a ricercare un contatto con quell’arcaico linguaggio, ma per lo più delle volte la nostra reazione non è diretta alla comprensione del corpo ed ai suoi segnali. Una volta ricevuto un messaggio dal nostro corpo (mediante un sogno, una sensazione fisica o emotiva, un disturbo, un’intuizione ecc.), per la maggior parte delle volte, noi ci voltiamo dall’altra parte, «tappandoci le orecchie» ed ignorando quel richiamo a sé stessi e quel momento di attenzione da dedicarci; in questo modo quella voce inascoltata deve farsi più intensa e profonda perché possa arrivare a toccarci, a fermarci ed ascoltare noi stessi ed i nostri bisogni, aumentando così la gravità del fastidio, del danno e del disturbo che il nostro corpo sta ostinatamente cercando di segnalarci.
A questo punto, una persona razionale sarebbe portata a pensare che, sentendo un corpo scalpitare ed urlare in una richiesta di aiuto e comprensione, un essere umano interverrebbe prontamente in direzione di quel grido per portare soccorso e lenimento; invece no. Le aspettative di quella persona razionale sarebbero deluse dal sapere che, noi esseri umani moderni di fronte ai richiami del nostro organismo, scegliamo reiteratamente di non prestarvi attenzione, compassione ne cura; preferiamo sbarazzarci frettolosamente di quei messaggi e di quella voce, ammutolendoli e sopprimendoli con quanta più forza possibile, affinché il brusio si arresti e preferiremmo la fine di quel richiamo avvenisse anche nel minor tempo possibile. La cosa più triste di questo processo è che molto spesso non è nemmeno una scelta, non vi è una particolare consapevolezza di fondo ma semplici ed umane ignavia ed accidia. Noi, in fondo non vogliamo stare veramente bene, ci accontentiamo di vivere in un limbo cercando di zittire fastidi, indicazioni e sensazioni cui dover prestare troppa attenzione.
“Come tutte le realtà energetiche del nostro mondo, la realtà umana ha bisogno del suo supporto manifesto, del suo corpo fisico, per poter tradurre, esprimere ciò che avviene nei suoi misteri più profondi. È evidente per ognuno di noi che abbiamo bisogno di gesti, di parole o di disegni per esprimere le nostre idee, i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Tutti questi fenomeni intangibili non esisterebbero se non vi fosse questa possibilità di manifestazione. Analogamente e spingendosi un po più lontano, il più sofisticato computer del mondo non sarebbe di alcuna utilità se non possedesse le periferiche (schermo, stampante, scanner, eccetera). Sembra dunque che una mente umana abbia poca ragion d’essere senza la sua proiezione materializzata che è il corpo fisico.
Riprendendo l’esempio del computer, non serve a nulla che sia formidabilmente potente se le sue periferiche non possono «seguire», ossia esprimere tale potenza. Non serve che possieda delle periferiche straordinarie se la sua capacità di memoria o di calcolo non è all’altezza, come per esempio avere una stampante a colori se può operare solo in bianco e nero. La stessa cosa avviene per l’uomo che deve ricercare l’equilibrio tra il corpo e la mente. L’interesse essenziale per l’uomo è che attraverso l’espressione di questo corpo, egli potrà, se lo vuole veramente, decifrare ciò che accade nella sua mente. Quando l’insieme funziona in maniera coerente, la realtà fisica è in sintonia con la realtà spirituale dell’individuo. L’esistenza si svolge «normalmente». Quando esiste uno squilibrio tra le due realtà, tra il Conscio e il Non-Conscio, lo scenario e l’attore, allora appariranno dei messaggi, dei segnali d’allarme. L’essere umano dispone principalmente di tre tipi di segnali, tre modi di vivere nel suo corpo, con una differente intensità, questi messaggi interiori di squilibrio. Questi tre tipi di messaggi sono rappresentati dalle tensioni fisiche o nervose, dai traumi fisici o psicologici e dalle malattie organiche o psicologiche. […]
Il primo tipo di segnali sarà quello di una sensazione di tensione, di disagio, come per esempio, tensioni dorsali, difficoltà digestive, incubi, inquietudine o malessere psicologico, e così via. Qui siamo allo stadio «normale» di espressione della tensione interiore. Il Non-Conscio utilizza una sensazione fisiologica o psicologica per esprimere quanto accade. […] Se la persona è «aperta», pronta ad intendere ed accettare il messaggio a livello del suo Conscio, si impegnerà nei cambiamenti comportamentali necessari e le tensioni scompariranno. Più l’individuo ha lavorato su di sé ed è coerente con sé stesso e con le parti più sottili e potenti di sé (Non-Conscio), più sarà sensibile e capace di percepire e ricevere i messaggi del primo tipo e comprenderli. Per nostra sfortuna incontriamo molte difficoltà ad essere ricettivi a partire da questo livello. Esistono numerose ragioni per questo, in particolare la nostra naturale tendenza alla comodità e la nostra cultura che separa le cose e ci pone nelle condizioni di non poterle più ricollegare. È per questo che sviluppiamo la nostra sordità interiore. […]
Per poter farsi udire, il nostro Non-Conscio deve talvolta ricorrere ad altri due tipi di messaggi, i traumi e le malattie. Per scrupolo e bisogno di efficacia, questi sono, oserei dire, chiaramente più forti e persuasivi. Essi presentano un secondo inconveniente, non trascurabile in rapporto ai messaggi più diretti. I traumi e le malattie sono sempre spostati nel tempo rispetto all’origine della tensione. Questo spostamento è proporzionale alla nostra sordità, alla nostra capacità di non recepire i messaggi. Ciò può essere dovuto ad una sensibilità estrema che li rende troppo intensi oppure semplicemente al nostro rifiuto di cambiare. Lo spostamento è più considerevole nel caso della malattia che in quello del trauma ed è tanto più esteso quanto più la tensione o piuttosto il suo significato viene «rifiutato», in quanto tocca zone di sensibilità molto dolorose nell’individuo. […]
I traumi rappresentano la seconda modalità di comunicazione. Si tratta quindi di un secondo stadio nella gradazione dei messaggi. Rappresentano infatti uno stadio in cui l’individuo, attraverso il suo Non-Conscio, è in cerca di una soluzione. Il trauma è dunque un’espressione attiva, nel senso che costituisce un duplice tentativo da parte della persona che lo vive. È innanzitutto un nuovo messaggio, più palese del tipo precedente, ma malgrado tutto ancora una modalità di comunicazione aperta. [… ] Esso è destinato a segnare un tempo d’arresto per la persona, a costringerla a fermare momentaneamente il suo meccanismo inadeguato al fine di comprendere e operare un mutamento.
Ma il trauma è anche un tentativo attivo di stimolazione o di liberazione delle energie tensive che si sono immagazzinate a causa dello squilibrio interiore della persona. È per questa ragione che non si produce mai a caso nel corpo. Colpi, tagli, distorsioni, fratture e così via, si produrranno in un punto ben preciso del corpo fisico, al fine di stimolare le energie che circolano in tale punto o di indurre l’eliminazione del blocco energetico nello stesso, talvolta entrambi contemporaneamente. Ci fornisce in tal modo informazioni estremamente precise su ciò che avviene dentro di noi. […] Una slogatura al polso significa globalmente qualcosa, ma il fatto che si tratti del polso destro o sinistro preciserà ulteriormente tale significato. È necessario sapere che quanto più la tensione è forte o quanto più dura da tempo senza essere stata «percepita», tanto più il trauma potrà essere rilevante, se non addirittura violento.[…]
Infine il terzo tipo è quello che fa leva sulle malattie, organiche, psicologiche o su entrambe. Qui ci troviamo ad uno stadio di eliminazione delle tensioni, degli squilibri interni che possono essere definiti «passivi». Siamo nello Yin, nelle profondità del corpo e della mente. L’individuo elimina le sue tensioni, ma questa volta in maniera «incisiva». […]
La malattia ci consente quindi due cose. Ci permette innanzitutto di liberare le energie tensive immagazzinate e, in tal senso, gioca un importante ruolo di valvola. Possiamo riflettere seriamente su ciò che il modo «moderno», ovvero allopatico (farmaci chimici), di curare la malattia rappresenta, imbavagliandole o persino «uccidendole» quando sono in embrione o nella loro condizione di massima intensità, impedendo loro di esprimersi. Ma la malattia serve anche da segnale d’allarme di una precisione grande quanto quella dei traumi. Essa ci parla con grande meticolosità di ciò che avviene all’interno di noi stessi e ci fornisce interessanti indicazioni per il futuro.
In quanto messaggio passivo, rappresenta in ultimo una fuga, un indebolimento dell’individuo che la subisce e talvolta viene persino inconsciamente vissuta come una sconfitta. […] La malattia rappresenta, consciamente o meno, una constatazione di fallimento o di incapacità a comprendere, ammettere o anche solo semplicemente percepire lo squilibrio interiore. Non siamo stati in grado di reagire o agire in altra maniera per cambiare le cose oppure, ancor peggio, pensiamo di non essere stati abbastanza forti da resistere. Così liquidiamo la questione ben sapendo però, più o meno consciamente, che si può fare di meglio. Se, dopo la guarigione, ne trarremo una lezione, svilupperemo la nostra immunità interiore, in caso contrario ci indeboliremo sempre più e contrarremo malattie con crescente facilità. Quanto più la tensione da eliminare sarà vecchia, tanto più sarà forte e la malattia «avrà bisogno» di manifestarsi in maniera profonda e grave.
Questa differenza tra il carattere «passivo» della malattia e «attivo» dei traumi è fondamentale ed è riscontrabile anche nel modo in cui il corpo fisico «risolve». Nel caso dei traumi, il corpo ripara i danni grazie al fenomeno miracoloso della cicatrizzazione. Quest’ultimo è attivo perché a rigenerarsi sono le cellule traumatizzate o quelle dello stesso tipo. […] Nel caso della malattia, il corpo rimedia grazie al sistema immunitario [ed alla cooperazione e sinergia tra organi e tessuti differenti che operano in concerto]. Tale processo è passivo nel senso che ad intervenire sono le cellule appartenenti ad un tipo diverso rispetto a quelle malate. […] Il soccorso, l’assistenza, la soluzione provengono dall’esterno, da elementi estranei (i globuli bianchi per esempio), laddove nel caso del trauma è la parte traumatizzata ad aiutare se stessa, a ripararsi da sé con le sue stesse cellule.” 1
Dovremmo educarci nella lettura dei messaggi che il nostro corpo ci suggerisce. Dovremmo impegnarci a vedere la malattia, i traumi ed i lievi disturbi come un punto di partenza per la consapevolezza ed il riequilibrio di sé stessi, piuttosto che viverli come fattori fastidiosi e limitanti. In quest’epoca rumorosamente irrequieta dovremmo impegnarci ogni giorno nell’ascolto del nostro corpo e riflettere sul riflesso delle nostre abitudini quotidiane sul nostro benessere globale.
1. “Dimmi dove ti fa male e ti dirò perché” – M. Odoul – Ed. Il Punto d’Incontro; 2001
+INFO:
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